LA RICONCILIAZIONE PASQUALE

Dagli scritti di Madre Speranza

Non si può parlare di Riconciliazione senza parlare del problema del peccato. La vita religiosa può considerarsi come un dialogo tra Dio e l’uomo, dialogo che inizia in Dio ed esige la risposta dell’uomo: Dio si rivela ed offre all’uomo i suoi doni, l’uomo risponde lodando, benedicendo e accettando i Suoi doni, oppure disprezzando Dio e rifiutando i Suoi doni. Questo movimento dal cielo verso la terra e viceversa, questo flusso d’amore si chiama “Alleanza”. Ma mentre per parte di Dio l’atteggiamento di dono è costante, non sempre lo è dalla parte dell’uomo. Già Adamo disse il suo “no” e lungo i secoli il popolo molte volte è stato infedele all’alleanza.

Il “no” a Dio si chiama peccato. Mentre ciò che Dio vuole e benedice è “bene”.

L’Antico Testamento ha tre nomi per indicare il peccato:

Ribellione, equivale alla rottura dell’alleanza, dell’amicizia e dell’unità d’intenti con Dio.

Iniquità: il peccato è una tortuosità, si interrompe la strada retta per seguire sentieri tortuosi.

Deficienza: equivale a mancare la meta, non cogliere il bersaglio.

Ma Dio, sempre fedele alla Sua alleanza, si muove incontro all’uomo caduto e lo trova, come è scritto in Ezechiele, capitolo 16, in cui Israele è descritto come una fanciulla nata nel deserto a cui nessuno ha prestato le prime cure ed è rimasta a rotolarsi nel suo sangue. “Ma il Signore le passa accanto, “è il tempo dell’amore” e la fa sua fidanzata, la ricopre di vesti pregiate, di gioielli preziosi, ne fa una regina dalla bellezza perfetta “per lo splendore che io avevo posto in te” (Battesimo). La dignità della fanciulla sta nel dono di Dio. Il punto di partenza è sempre Lui, ma occorre la corrispondenza dell’uomo: “Facci tornare, Signore, a Te, e noi torneremo” (Lam. 5,21).

Il desiderio del ritorno è il pentimento.

Il Sacramento della Penitenza consta ugualmente di un’azione di Dio e di un’azione dell’uomo: assoluzione e pentimento. Dio offre il perdono, cioè un rinnovato dono di grazia, l’uomo collabora ristabilendo la sua vita in Dio. L’azione di Dio è indiscutibile, la Sua volontà di salvezza è immutabile ma senza la volontà da parte dell’uomo, di distruggere il peccato e allontanarsi dalle situazioni non conformi al volere di Dio, non c’è riconciliazione. La volontà dell’uomo, fragile ed insidiata, ha bisogno dell’aiuto della grazia, ma questa farà sentire la Sua potenza non appena l’uomo avrà fatto il suo atto di volontà teso alla conversione. La vita soprannaturale nasce dalle acque del battesimo o dalle lacrime del pentimento, ma è il mistero della grazia che rigenera il peccatore e lo trasforma in una creatura nuova.

Per illustrarci questo mistero Gesù ci parla della Vera Vite: il peccatore è un ramo avvizzito, con i canali linfatici ostruiti da corpi estranei, che impediscono alla linfa di fluire, per cui si intristisce e non porta frutto. Il sacramento della penitenza distrugge i corpi estranei e riattiva la circolazione della grazia divina; il peccatore, pentito e perdonato, può così tornare a portare frutti di vita eterna.

Con il pentimento l’uomo fa suoi i sentimenti di Dio, perché si dispiace di ciò che a Dio dispiace, giudica sbagliato ciò che Dio giudica sbagliato. Il peccatore ha deturpato l’immagine di Dio in sé, guardandosi nella luce di Dio si dispiace di se stesso, procura allora di rimediare.

Il sentimento di pentimento deve concretizzarsi, per la legge dell’incarnazione, nella confessione della colpa. La confessione della colpa diventa anche confessione di lode a Dio, perché è riconoscimento della Sua bontà misericordiosa. Rivolgendoci a Dio per ottenere il perdono, Lo proclamiamo senza peccato e pieno di vita soprannaturale, capace di risuscitarci.

La confessione dei peccati deve essere perciò senza disperazione ma fiduciosa e serena, perché convinti della misericordiosa disponibilità di Dio ad offrirci il perdono.

Il pentimento contrito, porta in sé la disposizione alla soddisfazione o penitenza, che consiste nell’intraprendere un cammino di conversione fatto di gesti riparatori, di preghiera, di elemosina e digiuni, atti a purificare la sua vita e metterla al riparo da altre cadute nel male.

La Chiesa, fedele al Cristo, insegna e pratica che:

1° Il perdono non ha confini se non l’esplicita volontà dell’uomo a rimanere nel suo peccato.

2° Il perdono si ottiene per mezzo del il sacerdote, elemento di mediazione tra Dio e il penitente.

Ricordiamo che i sacramenti sono atti di Cristo e il sacerdote agisce in persona Cristi. La conferma che siamo assolti e perdonati deve venirci da chi detiene questo potere.

Le condizioni richieste per una buona confessione sono 5:

1 – L’esame di coscienza, 3 – L’accusa dei peccati,

2 – il pentimento, 4 – Il proposito di conversione

5 – l’assoluzione e la penitenza.

ASCOLTIAMO MADRE SPERANZA

Quando l’anima che aspira alla perfezione, in un momento di debolezza, ha avuto la disgrazia di offendere Dio con qualche peccato mortale, sa che deve farne l’accusa con tutta sincerità e chiarezza. Manifestare esplicitamente, senza simulazione, con umiltà, il numero e la specie delle cadute, indicarne le cause e chiedere con sincero desiderio la dovuta riparazione.

Sono assolutamente necessari una profonda contrizione e il proposito fermo di evitare per l’avvenire, non solo i peccati in se stessi, ma anche le occasioni e le cause che ci hanno trascinato nell’abisso. Dobbiamo avere grande fiducia nella misericordia e, come il figlio prodigo, abbandonarci fra le braccia del nostro Padre buono e implorare il suo perdono. Sicuri di averlo ottenuto, chiedergli di rivestire nuovamente la nostra povera anima della sua grazia, di concederci di non tornare a offenderlo più e di mantenere sempre vivo in noi il dolore di averlo offeso.

Riguardo alle mancanze veniali, sappiamo che sono di due specie: quelle che commettiamo di proposito, deliberatamente, sapendo di offendere Dio e preferendo in quel momento il nostro piacere alla sua divina volontà; e quelle che commettiamo senza pensarci, per leggerezza, fragilità, poca vigilanza e forza, e delle quali ci pentiamo subito fermamente, decisi a non commetterle più. Le prime costituiscono un serio ostacolo nel nostro cammino verso la perfezione, soprattutto quando sono frequenti e siamo ad esse legati. Per esempio, se siamo propensi a fare giudizi temerari; se conserviamo nel nostro cuore qualche rancore; se nutriamo affetti naturali, sensibili; se siamo attaccati al nostro giudizio, alla nostra volontà, ecc.

Tutti questi sono lacci che ci tengono legati alla terra e non ci lasciano volare con amore verso Dio. Pertanto dobbiamo cercare con grande impegno, a qualunque costo, di correggerci di questa specie di mancanze. Credo che per questo la cosa migliore sia distinguere le nostre mancanze secondo le diverse specie, o categorie, e intraprenderne per ordine l’ammenda, cominciando dalle mancanze di carità e continuando con quelle di umiltà, mansuetudine, obbedienza, compimento del nostro dovere, attenzione nella preghiera, ecc. Accusiamoci sinceramente di tutte le mancanze che ci siamo accorti di aver commesso, in particolare di quelle che più ci umiliano, e delle cause che ci hanno fatto cadere, e facciamo il fermo proposito di evitarle con decisione.

Possiamo essere certi che, se agiremo così, ogni confessione sarà per noi un passo in avanti verso la perfezione. Anzi anche più di un passo, se ci disponiamo ad un santo pentimento e al dispiacere di aver offeso Dio. Il peccato, infatti, per quanto lieve, è sempre un’offesa arrecata a Lui; una resistenza alla sua divina volontà; una ingratitudine verso il buon Gesù, nostro Redentore e benefattore, il più grande e il più degno di essere amato. Una tale ingratitudine dispiace maggiormente al Signore quando proviene dalle anime che Egli stesso ha scelte e favorite con la vocazione religiosa perché camminino verso la santità. Egli è costretto a volgersi verso di noi e a dirci con voce triste, appennata: “Se mi avesse offeso di proposito il mio nemico, lo avrei sopportato; ma mi hai offeso tu, Ancella, Figlio (Laico) del mio Amore Misericordioso, che io ho accolta come amico intimo; per il quale non ho avuto segreti e alla quale ero strettamente unito!”.

Questi giusti lamenti, così pieni di verità e di dolore, producano un salutare effetto nei Figli e nelle Ancelle e nei Laici dell’Amore Misericordioso! Piangiamo pieni di confusione e vergogna, riconoscendo di aver reso più amaro, con i nostri peccati, il calice del buon Gesù e, dall’abisso della nostra miseria, chiediamogli umilmente perdono affinché non torniamo ad offenderlo e a farlo soffrire.

DOMANDA:Mio Dio, aiutaci a diminuire i nostri peccati veniali. Non permettere che essi paralizzino le nostre anime e ostacolino la nostra attività spirituale.

PROPOSITO:Ricordiamo con frequenza che il peccato veniale accresce in noi l’affezione al piacere e limita le energie che dobbiamo impegnare a compiere il bene.

Madre Esperanza de Jesús E.A.M.