La Vita

Il profumo inebriante dell’azahar (fior di limone e di arancio tipico della zona di Murcia) tornò a farsi sentire il 29 settembre 1893, giorno in cui viene alla luce la piccola Josefa Alhama Valera. Così viene chiamata, il giorno del suo Battessimo, quella che sarebbe diventata Madre Speranza di Gesù. La prima di nove fratelli, di famiglia poverissima, nasce in un’umile casa di campagna del Siscar (comune di Santomera, in Spagna). I suoi genitori si chiamavano Giuseppe Antonio Alhama Palma e Maria del Carmen Valera Buitrago, il padre era un operaio agricolo avventizio, infatti vivevano in una baracca di un agricoltore chiamato il Morga. Il 26 Settembre 1906 una piena dal quartiere di Siscar, distrusse la casa, portandosi via con se il figlio piccolo, Gesù Maria, che aveva solo sei mesi. Altri 3 fratelli morirono poco più avanti, in tenera età. All’età di sette anni i genitori decisero, per alleggerire un po’ il carico familiare, di farla andare dal parroco di Santomera, Don Manuel Aliaga Hernandez, affidandone la custodia e l’educazione alle  sue due sorelle, Agnese e Mari, che vivevano con lui. In casa del parroco Josefa imparò a leggere e a scrivere, a cucinare e a cucire, apprese anche la dottrina cristiana e divenne abile in tutte le faccende domestiche. Quando aveva otto anni, un giorno in cui il parroco non c’era e stava celebrando la Messa un altro sacerdote che lei non conosceva, si mise in fila per la comunione, spinta dal desiderio di saziare la fame di ricevere Gesù. Nonostante i successivi rimproveri, lei era felice di aver ricevuto Gesù e, da quel momento, non volle più separarsene. Credeva che Lui fosse sempre nel suo cuore e, per timore di infastidirlo o di disturbarlo, non voleva più saltare la corda con le sue amiche. Quando aveva dodici anni, nel 1905, ricevette la visita di Santa Teresa del Bambin Gesù. Infatti lei stessa raccontò:<< Ero a casa dello zio parroco e sentii suonare il campanello; scesi e vidi una suora molto bella che non avevo mai visto. Mi stupii che non avesse una bisaccia con se le chiesi subito” Sorella, dove metterò le cose che le darò, se non ha neppure una bisaccia?” E lei mi rispose ” Bambina, non sono venuta per quello, sono venuta a dirti da parte del Buon Dio che tu dovrai cominciare dove io ho terminato”. E mi parlò della devozione all’Amore Misericordioso che avrei dovuto diffondere per il mondo, spiegandomi anche che Dio non vuole essere visto come un giudice tremendo, ma bensì come  un padre buono.” Quando cominciai a capire, la suora non c’era più”>>. (Fu la stessa Madre Speranza a rivelare che questa suora era Santa Teresa di Lisieux, morta otto anni prima).

Madre crocifissoSin da piccola aveva avvertito il forte desiderio di amare totalmente Gesù. Per verificare la sua vocazione, il parroco le permise di entrare in una comunità religiosa che si occupava di assistenza ai malati; lei notò, però, che erano trattati con durezza. Un giorno, passando con la suora incaricata per la sala, vide un povero moribondo che soffriva molto, raccontò: << Lo dissi alla suora, pensando che non se ne fosse accorta. La suora si avvicinò al letto del moribondo, gli coprì la testa con la coperta e se ne andò. Io restai attonita e provai molta pena per quel pover’uomo. La sorella se ne accorse e mi disse:” Vedrai che anche a te col tempo si indurrà il cuore”. E io pensai:” Prima che mi si indurisca il cuore, io me ne andrò”>>. E così fece. Ritornò alla casa del parroco per quattordici anni, all’età di ventuno anni, nell’Ottobre 1914,  entrò nel convento delle Suore Figlie del Calvario di Villena situato nella provincia di Alicante. Nelle pagine del suo Diario annota, proprio in questo periodo, il desiderio di volersi fare santa:<<Uscii dalla casa di mio padre con la grande illusione di poter diventare santa, per assomigliare un po’ a Santa Teresa, che era forte, non temeva nulla e affrontava tutto. Che illusione, Figlie mie! Volevo essere come lei e così uscii di casa quel giorno, lasciando mia madre addolorata a letto, senza la speranza di vederla mai più.>> Le Figlie del Calvario appartenevano a una Pia Associazione fondata nel 1863 da Speranza Pujol a Seo de Urgel, in Catalogna. Le suore si dedicavano all’educazione delle bambine e vivevano in regime di semi clausura e in povertà estrema. Quando la nostra Beata Madre Speranza entrò nella loro comunità, erano rimaste solo dodici suore, la maggior parte erano anche anziane, (non avevano acqua, né luce elettrica, né servizi igienici, e per avere l’acqua si servivano di pozzi di raccolta della pioggia, che estraevano con secchi attaccati a catene).

Madre e crocifissoMaria Josefa fece la sua professione religiosa il 15 Agosto 19163, prendendo il nome di suor Speranza di Gesù. Proprio in questo convento la Madre stessa racconta:<<Ringrazio il Signore per avermi fatto entrare in una Congregazione che contava, in Spagna, poche religiose; ma il Signore sa, come lo so io, quanto ho sofferto in quel luogo relativamente al cibo. E non perché fossi abituata a pasti migliori, ma bensì perché, quando nel mattatoio c’era sangue cotto da non so quanto tempo, al punto che puzzava, andava a finire a quella Casa del Calvario, dove veniva lavato in qualche maniera e veniva servito in un piatto che non saprei definire, ma che a me pareva roba da dare agli animali; ci si trovavano vermi, mosche. Era un cibo tremendo! Il Signore mi ha fatto passare tutto questo… Soltanto io so quale angoscia provavo, sapendo di dover andare a mangiare quell’intruglio>>. (Esortazione del 16 Gennaio 1965). Ma dopo, accadde qualcosa di inaspettato ove la Beata cambia modo di pensare:<< Dopo tre anni il vescovo di Murcia, venne a farmi visita e mi disse:” Madre, che succede?”. ” Eccellenza, risposi sono venuta qui per diventare santa, ma poiché capisco che ciò non mi è possibile, ritengo di non dover pronunciare i voti perpetui”.” E perché? mi chiese”. Io gli spiegai come mi sentivo e lui mi disse:” Madre, provi ad immaginare di non essere una persona, ma piuttosto una scopa; arriva una suora dai modi delicati, fine e precisa, spazza il salone, o quello che è, e poi la ripone con cura al suo posto. Poi ne arriva un’altra, agitata, dai modi bruschi, disordinata e poco delicata, la utilizza e poi la lascia per terra in un angolo. La scopa non si lamenta, non protesta e, silenziosamente, lascia che la usano sia in un modo sia nell’altro, che la trattino con più o meno delicatezza. Alla stessa maniera tu devi pensare di essere una scopa, per cui non ti darà fastidio se una ti parla in un modo o l’altra ti tratta in un altro… perché sarai sempre disposta a tutto come una scopa che non si lamenta”. Da allora, come una scopa, ho sempre servito, e tutti i giorni ho chiesto al Signore di concedermi un grande amore, un desiderio forte e costante di farmi santa e, come una scopa, per me è la stessa cosa  se mi portano qua o là, se mio trattano in questa maniera o in un’altra, purché io sia sempre la scopa che non serve ad altro che a spazzare e a raccogliere lo sporco. (Esortazione 15 Ottobre 1965)>>. Per tutta la sua permanenza nel convento di Villena la ricordano tutti molto attiva, gentile… si faceva voler bene da tutti. Rimase con le suore del Calvario sette anni; queste, però, poiché stavano per scomparire, decisero di unirsi alle missionarie clarettiane dell’insegnamento di Maria Immacolata. Il 30 Luglio 1921 la Congregazione delle Suore del Vaticano approvò la fusione fra la comunità di Villena e le suore di Maria Immacolata.

Madre dipintoLa nostra Beata nel 1921 assunse il nome di Suor Maria Speranza di Santiago e rinnovò i suoi voti perpetui come clarettiana. Da Villena venne trasferita a Madrid ove per i primi sette mesi fu colpita da continui problemi di salute. Dovette sottoporsi ad un intervento per una cisti ovarica e ad altre due operazioni per sistemare un’ernia traumatica post-operatoria, causata dal primo intervento, e poi ad una quarta, a seguito di una caduta che le provocò l’apertura di << tutta la ferita, lasciando la pancia completamente aperta da dentro>>.Il dottor Perez del Yerro le suggerì di indossare una speciale fascia che potesse evitale l’operazione, ma dopo quindici giorni le vennero delle eruzioni cutanee in tutto il corpo. Allora la superiora le consigliò di fare una novena al Cuore di Maria per intercessione di padre Claret. Nella notte tra il 6 e il 7 settembre 1922 guarì prodigiosamente. Nel 1925 fu colpita da un’ulcera allo stomaco  che le procurò emorragie. Il 16 Febbraio, alla 2 e mezza di notte, non aveva quasi più il battito; alle sette dopo aver ricevuto la comunione guarì. (Questa inspiegabile guarigione fu constatata dai dottori Perez e Antonio Andrès, che rimasero sbalorditi soprattutto dopo aver visto le radiografie). Da Madrid, a causa di alcune accuse contro di lei, fu trasferita al convento di Velez Rubio (Almeria), ma qui sempre a causa di alcuni equivoci fu ritrasferita nuovamente a Madrid in via Toledo n. 143. Il Signore le inviava delle sofferenze per unirla sempre più alla sua passione, ma, contemporaneamente, le dava le grazie soprannaturali difficili da comprendere per le sue superiori Clarettiane, il che determinò ulteriori divisioni. A molte M. Speranza sembrava una visionaria e una falsa, cosa che le faceva molto soffrire per l’incomprensione e il disprezzo che riceveva. Nel Maggio 1927 M. Speranza, si ritrovò nuovamente in punto di morte e dovette trascorrere tre mesi all’ospedale San Carlo di Madrid. Anche questa volta guarì in modo sorprendente. Quello stesso anno, il 30 Ottobre, scrive sul suo Diario<<Il Signore mi chiede di lavorare a fondo e sodo con Padre Arintero, religioso domenicano, per diffondere la devozione all’Amore Misericordioso>>. Una delle cose che maggiormente determinarono la sua decisione di lasciare le Clarettiane era l’impossibilità di aiutare i poveri come avrebbe voluto. La M. Speranza prepara, con l’aiuto della Provvidenza, un pranzo per circa quattrocento poveri che, affamati, riempiono la casa. Una signora dell’associazione arriva in quel momento:<< Molto dispiaciuta e sostenuta mi chiede:” Chi ha dato il permesso di far entrare tutta questa gente a sporcar tutto?”.” No, signora, non sono venuti a sporcare ma a mangiare, perché oggi è Natale anche per loro”. “Si guardi bene dal portare un’altra volta tutta questa gente in casa; questo lo potrà fare quando la casa sarà sua”. E partì. Io andai di nuovo in cappella dal Signore e sentii che lui mi diceva:” Speranza, dove non possono entrare i poveri, non devi entrare neanche tu. E’ ora di partire da questa casa!”. “Signore, e dove devo andare?”>>. (Esortazione del 14 Agosto 1966).

Madre e bambinelloCosì decise di lasciare il convento, ove era stata in tutto nove anni,nella notte di Natale del 1930, in un contesto di estrema povertà, e fondò la Congregazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso con il compito di aprire collegi dove educare orfani, poveri, case per anziani e ospedali per ogni classe di bisognosi. Nella comunità c’erano otto consorelle, il 4 marzo 1930 sei di quelle otto chiesero al Vescovo di Madrid che la loro casa fosse dichiarata indipendente dal governo generale, ma, da Roma, negarono il consenso. Accolsero tuttavia la dispensa di voto per Speranza e per le suore che la seguivano, in tal modo, da quel momento, le fuoriuscite restarono senza casa e senza mezzi di sostentamento. Fortunatamente la marchesa di Zahara e la contessa di Fuensalida le offrirono il loro aiuto. Nel 1935 il Vescovo di Vitoria non tardò a riconoscerle come Istituto religioso di diritto diocesano e il 2 Febbraio 1935 le prime 33 Ancelle emisero i loro voti temporanei per tre anni. Il Vescovo, però, non ne informò la Santa Sede. Lo fece solo nel 1937. Per questo quando, nel 1938, vollero prendere i voti perpetui,dovettero rinnovare anche i loro voti temporanei. Con grande spirito di iniziativa e un’attività da capogiro, aiutata dalla Provvidenza e dalle mediazioni umane, tra le quali eccelle la sua grande benefattrice e amica intima, Maria Pilar de Arratia, nel giro di pochi anni, fa sorgere, in Spagna, dodici case per bambini poveri, per malati e anziani che sono assistiti anche a domicilio. Sono le comunità di Madrid, Alfaro, Bilbao, Larrondo, Colloco, Hecho, Ochandiano, Menagaray, Santurce, Sestao, San Sebastian e Villava. Alla casa di tutte queste casa dovrebbe stare scritto:<<Bussate poveri e vi sarà aperto, bussate sofferenti  e troverete consolazione, bussate ammalati e sarete assistiti, bussate orfani e nelle Ancelle dell’Amore misericordioso incontrerete delle madri>>. 

Madre e bambiniL’attività continua, ancor più intensa, quando nel 1936 scoppia il Spagna la guerra civile con tutti i drammi che porta con se. In questo periodo, la Madre fa il suo primo viaggio a Roma, accompagnata dalla fedelissima Pilar, per iniziare, anche lì, un lavoro intenso tra i poveri della periferia romana, sulla via Casilina. Contemporaneamente deve difendersi, davanti al Sant’Ufficio di accuse e diffamazioni sulla sua persona e sulla Congregazione appena nata. Pilar è il suo angelo difensore, la sua confidente e il suo miglior appoggio in questo momento tra i più duri della sua vita. Scoppiata la seconda guerra mondiale, a Roma, sotto i bombardamenti e le minacce dei tedeschi, insieme alle suore raccoglie bambini, nasconde profughi, senza badare al colore ideologico, cura i feriti dei bombardamenti, da dà mangiare a migliaia di operai  e bisognosi immense improvvisate, consola tutti. Il 29 Agosto del 1944 muore Pilar,lasciando un vuoto enorme nella sua vita. Superata questa prova,riprende con forza le attività, i viaggi, le nuove iniziative. Il dopoguerra è duro, sia in Italia che in Spagna, le ferite da curare sono tante e lei lavora, incoraggia, organizza con un ritmo instancabile. Per l’Anno Santo è già costruita la casa generalizia delle Ancelle dell’Amore Misericordioso, a Roma, in via Casilina, che accoglie i pellegrini di quell’anno e degli anni successivi. Vanno sorgendo, via via, nuove fondazioni in Italia: Todi, Gubbio, Pavia, Genova, Vazzola, Borsea, Francenigo, Perugia, Rieti, Colfosco, Fratta Todina. Il 24 Febbraio del 1951 annota ancora:<<Il Buon Gesù mi ha detto che è giunto il momento di realizzare la fondazione dei Figli dell’Amore Misericordioso>>. Nello stesso anno, a Roma, dà vita alla Congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso, di cui il primo è Padre Alfredo Di Penta.

Madre cucinaTre giorni dopo, il 18 Agosto, si stabilisce con loro e alcune suore a Collevalenza, nel cuore dell’Umbria, dove farà sorgere, in un boschetto,”il roccolo”, il grande Santuario dell’Amore Misericordioso. Intanto la nuova Congregazione e i Figli dell’Amore Misericordioso (FAM) ha come fine principale l’unione con i sacerdoti diocesani, per venire incontro, insieme a loro, a tutte le povertà degli uomini con un cuore misericordioso. Si estende in Italia, oltre che a Collevalenza, a Fermo, Campobasso, Perugia, Roma, Macerata; in Spagna a Larrondo, La Nora, Villava, Léon, Bilbao. Nel frattempo anche le suore aprono tre comunità in Germania, a Ludwigshafen, Mingolshein e Germersheim; altre tre in Brasile, a Mogi das Cruzes, e una in Bolivia, a Cochabamba. Nel pensiero e nel cuore di Madre Speranza le due Congregazioni delle Ancelle (EAM) e dei FAM costituiscono una sola FAMIGLIA, divisa in sei realtà che vogliono abbracciare tutti i campi dove si può manifestare la Misericordia del Signore. <<Queste due Congregazioni sono una stessa cosa con lo stesso titolare, l’esercizio della Carità senza limite e figli della stessa madre…Vivete, Figli miei,sempre uniti come una forte pigna, uniti sempre per santificarvi,per dare  gloria al Signore, per fare il bene alle persone che entrano in contatto con voi>>. Stabilitasi a Collevalenza, Madre Speranza, vi trascorre gli ultimi anni della sua vita. In questo momento della sua vita dice di sentirsi come una “FLAUTA” che diffonde la melodia della Misericordia, come un fazzoletto per asciugare le lacrime, o come la portinaia del Buon Dio, che apre le braccia a tutti per avvicinarli al suo cuore di Padre. <<Io, amati figli e figlie, debbo dirvi che vivo giorni di vera gioia e emozione… per il compito che vengo a svolgendo in questi mesi nella casa di nostro Signore, facendo la portinaia a coloro che soffrono e vengono a bussare a questo nido d’amore, perché Lui come buon Padre, li perdoni, dimentichi le loro follie e li aiuti in questi momenti di dolore… Sono qui, figli miei, ore e ore, giorni e giorni, ricevendo poveri, ricchi, anziani e giovani, tutti carichi di grandi miserie: morali, spirituali, corporali e materiali. Alla fine del giorno vado a presentare al Buon Gesù, piena di fede, fiducia e amore, le miserie di ognuno, con l’assoluta certezza di non stancarlo mai, perché so bene che Lui, da vero Padre,mi attende ansiosamente affinché interceda per tutti quelli che sperano da lui il perdono,la salute, la pace e ciò di cui hanno bisogno per vivere, e affinché gli dica in nome di tutti loro, non una ma mille volte:”Padre perdonali,dimentica tutto, sono anime deboli che nell’infanzia non hanno ricevuto il solido alimento della fede, e oggi, attaccate al pesante fango della natura e sballottate dal forte vento della corruzione, precipitano in fondo al mare senza forze per navigare. Ed Egli, che tutto è Amore e Misericordia, non mi lascia delusa e così vedo con gioia confortate tutte quelle anime che si affidano all’Amore Misericordioso>>. (El pan 20, 19/12/1959).

cropped-Cripta.jpgCon questo atteggiamento M. Speranza trascorre gli ultimi anni della sua vita. Dice che vuole essere come una patata che scompare sotto terra per dare vita a nuovi figli. Un giorno d’inverno, quando la terra dorme in attesa della risurrezione, il Buon Gesù, che lei aveva rubato da piccola senza  restituire mai il furto, viene anche lui come un ladro, in punta di piedi, camminando sulla neve bianca che ricopre le dolci colline dell’Umbria e ruba alla terra le membra stanche e consumate nel servizio della Misericordia della sua Speranza: sono le 8 del mattino dell’8 Febbraio del 1983. Passati 30 anni da quella mattina di Febbraio, il 5 Luglio del 2013 papa Francesco autorizza la firma del decreto per la beatificazione della serva di Dio Speranza Alhama Valera e con la lettera del 23 Settembre 2013 del Sostituto della segreteria di Stato, concede che il giorno della beatificazione sia il 31 Maggio 2014, festa della Visitazione; giorno in cui Maria elevò alla Misericordia del Signore il canto del suo”Magnificat”. 

La vita di Madre Speranza è intessuta di numerosi fatti straordinari e mistici.

Intendiamo con questa espressione quei doni particolari e quella particolare esperienza di Dio che superano le capacità umane e che lo Spirito Santo concede ad alcune persone privi­legiate perché risplendano di una luce più intensa. La Chiesa guarda questi fenomeni con prudenza ed equili­brio. In una udienza generale Paolo VI ebbe a dire: “Ben sap­piamo che lo Spirito soffia dove vuole e sappiamo che la Chiesa se è esigente verso i veri fedeli per le sue stabilite osser­vanze, e se spesso Ella si mostra cauta e diffidente verso le possibili illusioni spirituali, Ella è e vuole essere estremamente rispettosa delle esperienze soprannaturali concesse ad alcune anime, o dei fatti prodigiosi, che talvolta Iddio si degna mira­colosamente inserire nella trama delle naturali vicende”. Alle molte qualità umane che Madre Speranza possedeva Dio volle che si aggiungessero molti doni soprannaturali e straordinari. Questi doni non si meritano: sono grazie che Dio elargisce gratuitamente. Madre Speranza non li ha né cercati né desiderati e ha voluto sempre sottoporli al giudizio del suo Padre Spirituale, senza mai farsi vanto di essi.
Lo scrittore gesuita, P. Domenico Mondrone, che conobbe Madre Speranza e lesse attentamente i suoi scritti, è convinto che “Madre Speranza passerà alla storia dell’agiografia catto­lica come una mistica di alto livello”. Lo specialista P Roberto Moretti o.c.d., che ha studiato questo aspetto della vita di Madre Speranza attraverso gli undici volumi dei suoi scritti, così conclude il suo studio: “Dopo una lettura prolungata e dettagliata degli scritti della Madre Speranza, e dopo mature riflessioni sulla sua figura complessa e sulla sua spiritualità, mi sono fatto la convinzione che i suoi carismi, nel loro complesso, presentano i caratteri dell’autenticità. Ovviamente non si può affermare che in qual­cuna di queste manifestazioni non si possa ricorrere alle risorse della sua profonda religiosità, del suo fervore, o anche alla ric­chezza della sua psicologia. Ma nell’insieme, per le ragioni che sono andato enucleando, ritengo che si tratti di autentici doni di Dio, che le ha affidato una missione importante e delicata nella sua Chiesa. Dal punto di vista dottrinale nulla ho riscontrato nel conte­nuto e nella espressione di questi carismi che sia difforme dalla dottrina della Chiesa, o in qualche modo censurabile. Il contenuto spirituale di questi scritti mi appare da ogni punto di vista eccellente per tutta la Chiesa, e in particolare per la vita consacrata per mezzo dei consigli evangelici. Tutta la vita spirituale della Madre Speranza mi appare veramente esemplare, splendida in virtù e opere. Sono convinto che la conoscenza di questa figura potrà fare molto bene a tutti i fedeli”. Il Cardinale Ugo Poletti precisa: “Le espressioni straordina­rie, religiose e spirituali della vita di Madre Speranza sono convalidate dalla sua semplicità di vita, dalla sua saggezza cri­stiana e umana e dalla costante serenità dell’anima sua, che esprimeva con parole semplici, serene, colme di fede”. Non so che cosa vorrà il Signore Le prime testimonianze della presenza di questi doni la troviamo in una lettera scritta dalla Madre Generale delle Cla­retiane, Patrocinio Pérez de Santo Tomàs rmi, al P Felipe Maroto, il 13 dicembre 1928. Vi si legge: “In Madre Speranza diventano sempre più frequenti i fatti straordinari; io credo che di alcuni di essi sia già stato informato anche lei perché ormai sono diversi i Padri che li hanno visti. Non so che cosa vorrà il Signore da questa creatura, ma adesso sto veramente e comple­tamente tranquilla e mi dà sicurezza il fatto che sia stata affi­data al molto reverendo Padre Naval il quale è disponibile non solo una volta al mese, come avevamo concordato, ma ogni settimana e ogni volta che lo crede necessario. Di alcuni di questi episodi abbiamo già parlato: l’incontro con Santa Teresa di Gesù Bambino quando aveva solo dodici anni, i numerosi miracoli avvenuti nella casa di Calle del Pinar e in altre, soprattutto con la moltiplicazione dei viveri. Ci occuperemo ora di alcuni fenomeni particolari che si verificarono più volte durante la sua vita.

Lotte con il “tignoso”

Nella vita di chi si impegna a seguire Cristo il combatti­mento contro lo spirito del male è un elemento essenziale.
La vita umana è segnata dalla drammaticità di questa pre­senza e dalle tentazioni che essa presuppone.
Numerose e impressionanti furono le lotte che Madre Spe­ranza dovette sostenere contro il demonio.
I nostri contemporanei deridono spesso la convinzione dei cristiani che esiste e opera nel mondo una forza perversa e per­vertitrice, che non è qualcosa di generico, ma una vera e pro­pria entità personale.
Chi è vissuto accanto a Madre Speranza ha avuto ripetute e convincenti prove della sua esistenza e della sua azione. Esso si è materializzato svariate volte percotendola, cercando di spa­ventarla per farla desistere dalla realizzazione di ciò che il Si­gnore le chiedeva, vendicandosi delle sue realizzazioni e della sua carità verso i bisognosi. Parlando del demonio Madre Speranza afferma che è un essere intelligentissimo, sta sempre appostato per vedere come può creare turbamento nelle anime e impedire ad esse di avan­zare nel cammino della santità. È necessario trattarlo con forza, energia e disprezzo e non è opportuno trattenersi a ragionare con lui. Le lotte contro il demonio risalgono ai primi anni della sua vita religiosa. Un documento importante è la pagina del suo Diario scritta il 23 aprile 1930.
“Ho passato la notte abbastanza male a causa della visita del “tignoso”, il quale mi ha detto: ‘Quando smetterai di essere così stupida e non farai più caso a quel Gesù che tu credi che ti ama. Ti ho già detto molte volte che mi è stato dato il permesso perché faccia di te quello che mi piace… Ti ripeto: non fare la stupida!’.
Ci sono nella vita di Madre Speranza alcuni episodi nei quali persone che davano segni evidenti di essere possedute dallo spirito del maligno, furono liberate con le sue preghiere e il suo intervento.
Madre Speranza credeva nel demonio, non poteva non cre­derci. Troppe volte aveva esperimentato la sua brutale violenza, ma non era una credulona. Lei stessa afferma che quando sen­tiva parlare di posseduti o indemoniati era molto diffidente e pensava che tutt’al più si trattasse di qualche passione da cui un individuo era dominato. A volte disse decisamente che per­sone credute indemoniate non lo erano affatto, ma erano piut­tosto delle isteriche o esibizioniste. In alcuni casi, però, aveva concretamente ammesso questa possibilità, come in un episo­dio che lei stessa commentò l’indomani alle suore che avevano assistito alla scena e stavano per iniziare i loro esercizi spiri­tuali. Si trattava di una donna che da undici anni si trovava in quelle condizioni.
Emetteva spuma dalla bocca e dal naso, era violenta e gri­dava in maniera scomposta, strisciando per terra e contorcen­dosi come una serpe, mentre diceva: “non mi toccare con quella mano che brucia”. Madre Speranza fu costretta ad affer­rarla per il collo e spingerla contro la parete. La forza e la pre­ghiera risultò una terapia efficace perché la donna, subito, guarì tra la meraviglia dei presenti e la gratitudine dell’interes­sata.

I suoi sconfinamenti nell’oltretomba

La carità di Madre Speranza, oltrepassava i confini di que­sto mondo per estendersi fino all’aldilà.
Era particolarmente viva in lei la devozione alle Anime del Purgatorio e il desiderio di liberarle dalle loro sofferenze. Fa­ceva celebrare continuamente SS. Messe e inculcava a tutti questa devozione. Aveva stabilito che una percentuale delle of­ferte ricevute fosse destinata a questo scopo. Quando in occa­sione del suo onomastico o compleanno le venivano offerte preghiere, sacrifici e intenzioni di SS. Messe, le devolveva spesso in suffragi per le anime del Purgatorio. Nel Santuario volle che una cappella fosse dedicata alle Anime Sante. Numerose e impressionanti sono le testimonianze dei suoi sconfina­menti nell’oltretomba. Nella sua “relazione” scritta nel 1930, per obbedienza al Padre Spirituale afferma: “Fu approssimativamente tra le nove e mezza e le dieci e mezza della mattina (del 19 aprile) quando all’improvviso mi ritrovo in Purgatorio accompagnata dalla Madre, cioè dalla Santissima Vergine. Lì ebbi la consolazione di vedere uscire le anime delle quali mi stavo interessando. La madre e il fratello del cappellano della casa, il padre dell’Eccellentissimo Vesco­vo di Madrid-Alcalà… Mi sono incontrata con un Figlio del Cuore Immacolato di Maria… Ho chiesto se c’era qualche fa­miliare del Padre Postius e mi è stato detto che c’era solo una zia materna. È uscito anche un signore della famiglia Ganda­rias… Sono uscite, inoltre, varie altre persone che il P. Anto­nio aveva affidato alle mie preghiere varie volte…”. A chiederle preghiere di suffragio si presentò un giorno un sacerdote. Costui disse alla Madre che si trovava in Purgatorio perché durante la sua vita aveva speso molto denaro per il fumo ed aveva peccato di vanità per un libro che aveva scritto. Madre Sagrario Echevarria racconta un episodio veramente impressionante avvenuto nella casa di Colloto che durante la guerra civile era stata occupata dai rossi i quali avevano ucciso varie persone: “Alle 23 ci ritirammo nelle stanze. La Madre dormì nella stanza accanto alla portineria ed io in un salottino attiguo. Dopo solo mezz’ora la Madre mi chiamò: ‘Sagrario, stai lì?’. Le risposi: ‘Si, Madre’. Cominciai a chiedermi: ‘Che succederà?’. Poco dopo aggiunse: ‘Se senti qualcosa non aver paura’. Tolse dalla sua stanza una stufa elettrica e me la diede, dicendo: Te la do, perché non succeda niente’. A mezzanotte, nella stanza della Madre si sentirono delle grida strane e come delle persone che parlavano. Aspettai un po’, però non potetti fare a meno di entrare. Quando entrai tro­vai la Madre che stava soffrendo terribilmente, stringeva forte il Crocifisso e, piangendo diceva: ‘L’Amore Misericordioso è un Padre, abbiate fiducia!’. Di quando in quando, si udivano delle voci cavernose, come se per loro non ci fosse misericor­dia. In questa angustia la Madre offriva Messe e sacrifici e stette in questo stato per più di 2 ore. Sarei voluta andare a chiamare le suore, ma erano lontano e non volevo lasciar sola la Madre in quelle condizioni. Ho visto molte volte la Serva di Dio soffrire, però parlava solo lei. È stato terribile sentire quelle voci lontane e non vedere nessuno. La Madre poi mi disse che, poiché durante la guerra la casa di Colloto era stata destinata per fucilare la gente, quelle voci erano di alcuni complici degli assassini”. Un altro episodio ci viene offerto da P. Alfredo Di Penta. Accompagnava la Madre nella casa di Matrice. Durante il viaggio si erano fermati al cimitero polacco. La Madre era ri­masta molto impressionata nel vedere le tombe di tanti giovani caduti durante la guerra e chiedeva al Signore di portare in Pa­radiso almeno le ultime due o tre file. Il giorno seguente, du­rante la Messa, cominciò a supplicare il Signore: “Io – racconta Padre Alfredo – che ero accanto alla Madre la sentii, fra un rantolo e l’altro, parlare a Gesù: ‘Non sei morto per scherzo, chi vuole più bene a queste anime, Tu o io? Io di messe più di tante non ne posso far dire; non ho soldi, Tu lo sai. Tu sei morto in croce! Allora porta in Paradiso questi poveri giovani morti lontano dalla famiglia e dalla patria; porta in Paradiso la mamma di queste due suore perché debbo avvertirle che la mamma è morta e non potrei confortarle se non dicendo loro che è già in Paradiso. Porta in Paradiso la mamma di questo ra­gazzo che è un’anima abbandonata. All’elevazione ti aspetto’. All’elevazione la Madre non era più in sé e fissava lo sguardo verso un punto lontano. Mi sono permesso di toccare il viso e sentii che era freddo. Si sentì un altro rantolo e la Madre rin­venne e ringraziava il Signore per la sua bontà: ‘Tu Signore, – diceva – sei troppo buono e noi non capiamo la tua bontà, non ti conosciamo!’. Alla fine della S. Messa ho domandato alla Madre che cosa fosse avvenuto dato che era ancora fredda, gelata. Mi disse che era andata in Purgatorio a vedere il passaggio in Paradiso di queste anime”.
È ancora P Alfredo Di Penta a testimoniare: “Quanto sto per dire mi è stato narrato personalmente dalla Madre. Un tale si presentò a lei chiedendo di pregare per lui e di dire alla moglie che doveva restituire a una certa signora una somma che lui aveva defraudato, altrimenti non sarebbe uscito dal pur­gatorio. La Madre chiese a questo signore di mettere una firma per convalidare ciò che le diceva. Si fece dare l’indirizzo per chiamare la vedova. La mattina seguente la Serva di Dio, dopo aver cercato, ha trovato questa signora e le ha raccontato l’epi­sodio. Al che la signora colpita e sconcertata disse piangendo alla Madre. ‘Sì, è vero, mi ricordo e subito cercherò di saldare il debito e pregherò per il mio povero marito’. Non so che fine abbia fatto questo documento, so però che suor Anna Mendiola per ordine della Madre bruciò tante carte riservate”.

Comunioni straordinarie

Varie volte, come risulta dai suoi scritti e da alcune testimo­nianze, Madre Speranza ricevette la Santa Comunione in ma­niera straordinaria. Il 23 febbraio 1929, quando si inaugurò l’asilo di calle del Pinar, il Vescovo di Madrid, Leopoldo Eijo Garay celebrò la S. Messa e diede alle suore la S. Comunione “eccetto a Madre Speranza – così si legge in un documento – che l’aveva rice­vuta dalle mani di Gesù alle quattro del mattino”. Sempre nel 1929, per aver progettato di fondare una nuova Congregazione le fu proibito di ricevere l’Eucaristia. “Ma il Signore – scrive nel suo Diario – che non voleva privarmi del suo Corpo, quando giunse il momento, permise che l’Ostia sfuggisse dalla mano del Sacerdote e venne a depositarsi nella mia bocca”. È ancora lei che accenna a due comunioni ricevute, nel 1930, direttamente dalla mano di Gesù: una prima volta il 19 aprile mentre Gesù le diceva. “Prendi, figlia mia, il mio Corpo che è per te vita eterna. In questa occasione la Madre domandò a Gesù da dove prendeva le Ostie, visto che nel tabernacolo del Collegio non c’erano. Gesù le rispose: ” Figlia mia, il mio Corpo l’ho preso dalla Parrocchia alla quale appartieni, e non ti succeda un’altra volta quello che è successo quest’anno, di dire che non mi lasciassero nel tabernacolo. Un’altra volta, il 23 aprile, mentre si trovava a letto malata: “Ricevetti di nuovo la Santa Comunione che lo stesso Gesù mi amministrò, accompa­gnato, come è solito fare, da due angeli”.

 

Guarigioni

Accenniamo ad alcuni episodi che si riferiscono a guari­gioni straordinarie, ampiamente documentate dai suoi scritti e da vari testimoni. Suor Aurelia di Gesù Sanz era affetta da tisi ed era giunta ad un punto di non ritorno. La Madre stette un’intera notte pre­gando fervorosamente dinanzi al tabernacolo e ottenne una guarigione perfetta. Un’altra suora, Innocenza di Gesù, era caduta in un pozzo e si era fratturata la spina dorsale e una gamba rimanendo impossibilitata a muoversi. La sua guari­gione avvenne dopo essere stata avvolta da Madre Speranza in un pezzo di stoffa vecchia e sporca. Fu portata al Santuario una povera signora di Prato affetta da un grave disturbo alla spina dorsale che la costringeva a camminare ricurva. I presenti chiedevano insistentemente alla Madre di toccarla, ma la Madre si scherniva. Infine rivolse al cielo gli occhi e incominciò a pregare. La guarigione fu imme­diata.

Le stimmate

Madre Speranza, come altri santi, ebbe il dono di portare nel suo corpo i segni della passione di Cristo. La prima testimonianza risale al 4 aprile 1928. Madre Patrocinio Pérez, Generale delle Claretiane, in una lettera scritta al Padre Felipe Maroto così si esprime: “Vorrei darle qualche indicazione sulla nostra sorella Madre Speranza. Penso che il P. Giacinto Blanc già le avrà detto qualche cosa e forse anche qualche altro. Da un po’ di tempo a questa parte sembra che il Signore la conduca per vie certamente molto straordinarie. C’è stato un periodo che il demonio la tormen­tava atrocemente percuotendola fino a lasciarla mezzo morta, così come attesta M. Maria Ana Rué (la Superiora) che lo ha visto e sentito parecchie volte. Poi questo sembra che sia finito, mentre la maggior parte delle settimane, nelle notti tra il gio­vedì e il venerdì, si verifica un sudore di sangue tanto abbon­dante che a volte la lascia talmente sfinita da dover restare a letto diversi giorni; adesso dal primo venerdì di Quaresima, le sono apparse nei piedi le stimmate, proprio come le dipingono in alcuni santi; si conservano sempre come piaghe fresche e a volte perdono molto sangue… Oltre a questo ci sono mille altre cose eccezionali che le succedono… al punto che se questo viene da Dio è cosa molto straordinaria, ma se non fosse così, Dio ci liberi! A me, creda, mi sta prendendo un po’ di timore perché tutto questo comincia a diventare di pubblico dominio, nonostante che io raccomandi molta riservatezza a quanti vedono queste cose perché ho paura che si fa del male a lei stessa. Mi consola il vedere che – almeno per quello che risulta – si conserva umile, molto obbediente ai suoi Superiori, mortifica­tissima e ha grande carità con le sue consorelle, molto zelo per la gloria di Dio; tutto questo dimostra che ha buono spirito”. Quel venerdì di Quaresima a cui si fa cenno corrisponde al 24 febbraio 1928.
Un’altra testimone, M. Aurora Samaniego esprime con que­ste parole il suo stupore per questi fatti straordinari: “Era da poco passata la Quaresima, durante la quale Madre Speranza restò definitivamente stimmatizzata e a causa di ciò cominciò a star male di cuore. Il Dottor Grinda, che pieno di ammirazione poté contemplare le cinque stimmate e poté attra­versare con il suo dito, da parte a parte, i piedi di Madre Spe­ranza, perché le ferite erano aperte, volle consultarsi con lo specialista del cuore, Dottor Carriòn. Questo signore che ignorava l’azione soprannaturale che si era verificata in Madre Spe­ranza, le fece una radiografia e, vedendo che il cuore era perfo­rato, si allarmò moltissimo e disse a Madre Pilar che la ripor­tasse a casa in macchina e con molta attenzione perché correva il rischio di morire per strada. Quando arrivò a casa, Madre Speranza si mise a fare le faccende come sempre. Allo stesso modo di S. Francesco, di S. Padre Pio e altri santi, Madre Speranza ebbe, da quel giorno, impresse nel suo corpo le piaghe di Cristo. Sappiamo, però, che non sempre erano visibili e sanguinanti. Lei stessa, infatti chiese al Signore questo miracolo nel miracolo, per avere libere le mani e così poter svolgere il suo lavoro in cucina, in lavanderia e dove era necessario e soprattutto per non attirare l’attenzione. Molti testimoni oculari hanno visto in determinate occasioni, special­mente nei venerdì di Quaresima, il segno dei chiodi nelle mani e nei piedi, mentre normalmente si vedeva una lieve macchia violacea. Dichiara una sua figlia: “Io nei primi tempi non ci badavo, ma poi mi sono accorta che aveva nelle mani dei segni rossi e nel polso i segni di una corda e nella fronte tanti puntini rossi”.

Estasi

Con una frequenza veramente sorprendente Madre Spe­ranza, non solo durante la preghiera, ma anche svolgendo le mansioni più umili e ordinarie, “cadeva in estasi”. Sono migliaia le persone che la videro durante questi momenti di completa assenza dalla vita sensitiva e di intimo e profondo colloquio con il Signore. Il corpo eretto, senza appoggiarsi, normalmente inginocchiata, fissava i suoi occhi verso un punto, leggermente in alto, passando da un atteggia­mento di dolore ad un altro di gioia, di preoccupazione o di attesa. Le mani giunte stringevano forte il crocefisso che le pendeva sul petto mentre con un tono di voce, a volte appena percettibile, altre volte ben comprensibile, parlava con il Signore familiarmente dei vari problemi che l’assillavano, rin­graziava, intercedeva per i peccatori, chiedeva favori e benedi­zioni per chi veniva al Santuario o si raccomandava alle sue preghiere. In questo stato, che a volte si prolungava anche per qualche ora, si verificava una totale assenza dei sensi, sia della vista che dell’udito e del tatto. Parlava normalmente la sua lingua spagnola frammista di italiano; a volte si senti parlare una lingua sconosciuta che alcuni pensarono fosse aramaico, la lingua di Gesù. Quando in occasione dei funerali del Vescovo di Todi, Sua Eccellenza Mons. Alfonso Maria De Sanctis, andò in estasi, nel Santuario dell’Amore Misericordioso, un fotografo azionò ripetutamente il flash della sua macchina fotografica, a pochi centimetri di di­stanza dai suoi occhi. Ebbene, le palpebre non fecero il minimo movimento. Il segno che l’estasi stava per terminare erano le parole: “Non te ne andare, Gesù mio!”. Una volta terminata l’estasi, tornava immediatamente alla sua vita normale, gioiosa e piena di energia. Lei stessa si meravigliava di quanto “le succedeva”. Tentò di spiegarlo al suo Direttore Spirituale con queste parole: “Vorrei, padre mio, poterle spiegare quello che provo ogni volta che mi accade questo fenomeno durante la preghiera.
Io lo chiamo “distrazione”, o estraniamento dai miei sensi, forse perché in quei momenti la mia anima, senza alcun merito da parte mia, si ritrova completamente assorta in Dio. A me sembra che ciò mi accade quando la volontà si trova ferita dall’amore verso il Nostro Dio e così, senza rendersi conto, si lancia verso di lui, spogliandosi di tutto ciò che la cir­conda, entrando in una specie di rapimento dove si gioisce senza mai stancarsi”.

 

Madre benedizione