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 Care figlie, poiché una di voi mi ha scritto tutta preoccupata, desidero aiutarvi a comprendere dov’è la impenetrabilità del mistero. Mistero, secondo il concetto universalmente accolto, è una proposizione chiara nel suo enunciato, del quale si conoscono i termini, ma oscura e perfino impenetrabile nella sua intima ragione di essere. Per esempio, esaminiamo il seguente dogma cristiano: “Dio, uno nell’essenza, è trino nelle Persone”. I termini sono chiari: Dio – Unità – Trinità.

Ma la proposizione enuncia una relazione che l’intelligenza umana non riesce a vedere con chiarezza nel rapporto dei suoi termini. Pertanto l’oscurità non si trova nella cosa poiché quello che afferma non è un controsenso, un assurdo, ma una realtà che come tale è chiara in se stessa.

L’oscurità si trova nella nostra intelligenza che deve mettere in relazione e comporre i termini, tra i quali necessariamente ondeggia ogni pensiero, e trarre dal confronto il concetto che della verità si deve formare nello spirito.

Da ciò proviene la disperazione che producono i misteri; succede infatti che la ragione, per quanto si sforzi, non riesce a trovare la connessione intima dei termini e deve accettare ciecamente il mistero. Esperimenta allora l’amaro sentimento della propria impotenza, della propria limitatezza di vedute. Però da questo che cosa si deduce logicamente in buona fede? Forse la negazione della verità incomprensibile? No, figlie mie, si deduce il riconoscimento e l’umile confessione della propria incapacità.

Ricordiamo che, per il fatto stesso che Dio è un Essere infinito nelle sue perfezioni e azioni, incapace di essere contenuto nei ristretti limiti di qualunque altra intelligenza che non sia la sua, è chiaro che tutte le verità concernenti la Divinità devono essere altrettanti profondissimi misteri per la limitata intelligenza dell’uomo.

Anche quelle verità relative all’Essere divino e ai suoi attributi che la ragione riesce ad intravedere e che quindi non escono dall’ordine naturale, sono tuttavia autentici misteri dato che, per quanto si riesca a percepirne la realtà, mai si giungerà a comprenderle totalmente. Questo riguarda il modo e la ragion d’essere di altissime verità, come per es. “Dio è immenso”.

Questa è una verità sufficientemente chiara per la nostra intelligenza che, mediante il concetto di immensità, comprende che tale attributo appartiene a Dio. Ma ditemi, figlie mie, in qual modo Dio riempie gli spazi del cielo, la terra e gli abissi? Come Dio è presente in ogni luogo senza divisioni e mutamenti? Questo è incomprensibile, questo è il mistero. Dove stava Dio prima di costruirsi Egli stesso il palazzo regale del cielo?

La ragione e perfino la bocca del bambino rispondono con sicurezza che stava in se stesso. Ma ditemi, comprende bene, non dico il bambino, ma l’anziano, il saggio, che cosa significa “stare Dio in se stesso” in modo che, essendo eterno e necessario, stare equivale ad essere? Nuovo mistero insondabile nel terreno delle verità naturalmente conosciute.

Care figlie, se gli esempi ora indicati ci sono apparsi misteri insondabili, che sarà delle altissime verità relative all’Essere divino che, trascendendo totalmente l’umana capacità, solo si possono intravedere con il divino telescopio della fede? Per esempio, come si comprende che una sola Essenza, indivisibile e semplicissima in se stessa, risiede interamente nelle tre Persone, in tal modo distinte che l’una non è l’altra, e nello stesso tempo che le tre non sono altro che un solo Essere?

Sarà forse più comprensibile il fatto di un Dio incarnato nel seno purissimo di una Vergine Madre senza danno per la sua gloria? Avrà l’ardire l’intelligenza umana di esplorare le profondità di questi abissi? “Cingiti i fianchi come un prode – disse Dio all’umile e prudentissimo Giobbe – e preparati a rispondermi. Dov’eri tu quando io ponevo le fondamenta della terra? Dillo, se lo sai.

Sapevi tu che dovevi nascere? Conoscevi il numero dei tuoi giorni? Sai tu per quali vie si espande la luce e come si distribuisce il calore sulla terra? Chi è il padre della pioggia e chi genera le gocce della rugiada?… Conosci tu le leggi del cielo o ne applichi le norme sulla terra? Chi ha posto nel cuore dell’uomo la saggezza e chi ha dato al gallo l’istinto per regolare i suoi canti?”. Così confonderà Dio in ogni tempo la debole e temeraria ragione umana che presume di poter discutere con la Sapienza infinita e di poter conoscere i segreti dell’Altissimo.

Non dimentichiamo che tale carattere di incomprensibilità, proprio di ogni mistero, non impedisce in alcun modo la certezza della fede. Per il fatto che è incomprensibile una proposizione è forse meno certa? Un concetto non è legato necessariamente ad un altro? Con quale diritto si erige a principio indiscutibile la famosa sentenza: “Credo soltanto ciò che comprendo”? Perché si deve ritenere certo e sicuro solo ciò che l’umana ragione arriva a comprendere e tutto il resto deve essere rifiutato come falso?

Detto principio, oltre ad essere pazzamente presuntuoso, è sovranamente orgoglioso e assurdo perché presuppone una delle seguenti tre cose, tutte ugualmente false: o la capacità infinita della ragione umana per cui tutte le verità devono entrare in essa; o la limitatezza della verità per cui questa non va al di là dei confini della ragione finita; o infine che non ci sia altro mezzo per accertarsi della verità che l’evidenza immediata. Chi non vede, figlie mie, che le tre ipotesi non sono ammissibili?!

Sappiamo che l’autorità della testimonianza deriva dalle qualità del teste: scienza e veracità a tutta prova. Presupposte queste, la testimonianza è base incontestabile di certezza razionale. Tanto più lo sarà nell’ordine soprannaturale supposti l’aiuto divino e la grazia della fede! Anche senza questi, la ragione può e moralmente deve riposare sulla fede della parola umana. Detta fiducia è necessaria soprattutto nella vita pratica. Infatti che cosa sarebbero senza di essa l’individuo e la società?

Benché il mistero sia coperto da un velo impenetrabile, tale che sarebbe vana e sterile la pretesa di volerlo togliere per contemplare la verità nascosta in tutta la sua chiarezza, tuttavia si può illuminare per mezzo di prove razionali basate, se si vuole, su fatti o verità soprannaturali conosciuti con certezza.

Il mistero, figlie mie, resterà sempre tale, ma può rendersi credibile e accettabile alla ragione. Diciamo quindi, noi Ancelle dell’Amore Misericordioso, con tutto il cuore e con forza: “Credo nel mistero, anche se mi offre una verità nascosta da ombre luminose.

Credo nel miracolo, anche se con la sua luce straordinaria abbaglia gli occhi malati della mia debole ragione. Credo, perché so molto bene da dove proviene il mio credere, su Chi si sostiene e verso dove mi solleva, come una scala che poggia sulla terra ma tocca il cielo”.

“So che la mia fede viene da Dio, verità somma ed essenzialmente comunicabile, si radica nella sua parola infallibile e mi conduce al possesso della suprema Bontà, sulle ali della speranza cristiana”. Mediante la luce della fede noi speriamo di giungere un giorno al regno della luce, alla visione del nostro Dio. (El pan 18, 389-406)