Lucia Interlandi

Roma

Forse io non sono la persona più idonea per parlare di Santuari dato che non sono una abituale frequentatrice di Santuari: questo non tanto per chissà quale tipo di posizione scettica, ma semplicemente per una forma di essenzialità. Sarei la felicità di quei parroci qui intorno, ritengo che mi debba bastare l’Eucarestia e nell’Eucarestia trovo tutto e… basta. Poi sono diventata una persona che abitualmente viene al Santuario. Come mai? Perché? Cosa ha fatto si che rimanessi impigliata nella rete del Roccolo, dato che per ogni volta che vengo ho la sensazione di tornare a casa?
 
Sono approdata a questo Santuario negli anni ’70 seguendo l’invito “Vieni e vedrai!” E così rispondendo a questo invito posso dire che ho veramente visto dove abita il Signore. Posso proprio dirlo, è una ripetizione di quello che è stato detto, dai peccatori, dai malati, dell’instancabile operosità dei Figli e delle Figlie di Madre Speranza. Certamente il Signore chiama, quando e come vuole, chiama tutti e anche per me, come tutti i pellegrini, c’è stato l’invito del Signore! Un invito che, purtroppo come può accadere, risponde all’invito del Signore, ma la risposta a volte è povera, perfino superficiale, se si pensa che l’invito viene da un Dio che insegue e cerca i suoi figli con amore instancabile come se non potesse essere felice senza di loro. Fermarsi a ripetere queste parole si rimane colpiti!. Può accadere che una vita abbastanza comoda, renda talmente poveri da non avere la consapevolezza della propria miseria e di avere proprio bisogno di un certo tipo di Amore. Di un amore gratuito, eterno! Quando l’uomo incontra Dio nel Santuario si rende conto della Sua infinita bontà, della Sua tenerezza, del fatto che il Signore non guarda ai meriti della persona, ma al cuore ferito. Nel Santuario si incontra un Dio che si china sul misero proprio come il buon samaritano per fasciarlo con la consolazione del suo amore. Si diffonde questa consolazione. L’abbiamo sentito nell’esperienza dei coniugi di prima, nell’impegno verso gli altri, affinché tutti ci sentiamo consolati da Dio. Questo è quello che vuole il Signore, Lui vuole donarci la Grazia di incontrarLo perché possiamo capire quanto ci ama.
 
L’uomo che scopre la tenerezza paterna e materna di Dio viene ad essere trasformato da spiritualmente povero ed inerte ad apostolo dell’Amore Misericordioso. Da persona impaurita dalla vita a persona serenamente abbandonata nelle mani del Signore. L’accettazione del dolore, della fatica e del sacrificio sono la conseguenza inevitabile dell’incontro con il Signore. L’incontro con un Dio che ama infinitamente e che perdona non addormenta la coscienza, al contrario trasforma le persone e le rende desiderose di essere capaci della gioiosa accettazione del sacrificio compiuto per amore. Ieri abbiamo sentito che uno dei pericoli è di dare per scontato questo amore Misericordioso, di sentirsi dire continuamente Dio ti ama, Dio ti perdona. C’ è questo pericolo di non meravigliarci più. In realtà invece, quando si ha la percezione dell’Amore di Dio – una percezione perché poi in realtà nel cercare di comprenderlo non si può contenere questo amore – ma quando si ha questa percezione si entra in una dinamica che và in crescendo e che è poi quella che abbiamo visto tutti nella Madre Speranza.
 
Oggi, passati tanti anni, io mi rendo conto che da subito sono rimasta molto colpita dall’ accoglienza sollecita, affettuosa, fraterna, dalla silenziosa laboriosità – io le Suore le vedo sempre sorridenti e mai stanche, lavorano tantissimo ma non sono mai stanche, non hanno neanche il segno della stanchezza. Io quando sono stanca non solo mi si vede ma lo proclamo anche “sono stanca!”. Nel volto delle Suore non ho visto la stanchezza ma il sorriso. Forse questo già è uno dei miracoli. La testimonianza poi dei sacerdoti, questa continua ed instancabile disponibilità che hanno nel dono del messaggio d’amore del Signore e che poi si manifesta nel gesto dell’assoluzione che accoglie nella pace del perdono i vari figlioli prodighi e soprattutto nel dono del Corpo del Signore: questo farmaco di immortalità, questo pegno di resurrezione che sazia la fame di Dio e che è impressa nella nostra anima e della quale, a volte, non abbiamo neanche la percezione. Questo bellissimo messaggio è proprio la volontà del Signore che ci dice: “Sappiate che vi amo incessantemente”. Un messaggio che io ho visto farsi carne nella persona della Madre, nelle sue preghiere: “Perché tutte le persone che potrò incontrare – così pregava la Madre “si sentano trasportate verso di Te, trasportate dal buon esempio, dalla mia pazienza, dal mio spirito di sacrificio, dal mio amore per te e dal mio lavoro”. E il Signore lo sappiamo tutti di fronte ad un certo tipo di preghiere è disarmato e non dice mai di no e così non solo ha accolto la preghiera della Madre per quel che la riguardava nella sua persona, ma nell’esaudire la sua preghiera ne ha partecipato la grazia ai suoi figli e alle sue figlie.
 
Le parole della Madre: “Benedici Gesù mio questo tuo grande santuario” e “che gli uomini conoscano Dio come un Padre buono” Tutte queste parole da lei pronunciate e che abbiamo già sentito, mi sono venute incontro negli anni settanta, soprattutto abbiamo portato – Angelo ed io – questa nel cuore: “Anche l’uomo più perverso, più miserabile, abbandonato è amato da Dio con tenerezza immensa”. Queste parole ci hanno accompagnato nel servizio ai poveri che poi Angelo ed io, abbiamo svolto cercando di essere il più possibile fedeli al messaggio e alle esortazioni di Madre Speranza. Ad esempio, prima di fare qualcosa per qualcuno, bisogna dare uno sguardo di compassione, cioè questo entrare nella sofferenza dell’altro, questo mai sentirsi superiori come qualcuno che dà qualcosa, ma al contrario, sedersi accanto, stare cuore a cuore con la spalla accanto alla spalla dell’altro, e dire che cosa si può fare per il bene di chi soffre . Ecco questo era quello che noi ci proponevamo. Si parla degli anni 70. La Madre era ancora qui nel Santuario; avevo i miei problemi e mi sembrava sconveniente, da persona indiscreta e curiosa, volerla conoscere, e non lo chiesi. Però il Signore è generoso anche con chi si fa tanti problemi e così è avvenuto che proprio un mese e 5 giorni prima della morte della Madre, il 3 gennaio, l’ho potuta conoscere.
 
Noi eravamo venuti per fare una gita di un giorno, non avevamo con noi neanche lo spazzolino da denti. Quando ci siamo messi in viaggio per ritornare a Roma abbiamo trovato tanta nebbia e siamo dovuti tornare indietro e rimanere al Santuario, così molto poveramente. Il giorno dopo abbiamo parlato con P. Gino e gli ho raccontato di un mio progetto. Padre Gino ci ha portato a visitare i sacerdoti anziani: questo segno di misericordia che la Madre aveva voluto, questo gesto d’amore per i sacerdoti che la Madre ha desiderato vicino al Santuario. Quando siamo stati vicini all’ascensore ho detto a P. Gino: “Bah! basterebbe pigiare un altro bottone”. E subito ci ha accontentati. Abbiamo atteso lì in anticamera e la Madre ci ha ricevuto. Era appena un mese prima che la Madre morisse. La Madre non ha fatto un lamento, non ha detto nulla di sè, non ha chiesto preghiere per sè, è stata lì con tanta bontà e affabilità ad ascoltare due persone. Così, un grande esempio di servizio fino all’ultimo, uno di quegli esempi che sono tanto affascinanti e difficili da imitare… e il Signore sa quello che fa comunque!